La Cassazione non ha riconosciuto la particolare tenuità del fatto della condotta di una mamma che ha offeso un′altra mamma via chat. In particolare, l′imputata aveva denigrato un′altra mamma su Facebook in seguito all′invito di quest′ultima, sulla chat di gruppo Mamme di Whatsapp, di recuperare il proprio figlio alla festa in quanto il bambino risultava eccessivamente vivace. In seguito a questa richiesta, l′imputata aveva definito su Facebook l′altra mamma come una persona insensibile ed indelicata, che voleva impietosire gli altri partecipanti alla chat "al fine di raggirare ed estorcere magari qualche soldo per nuove dimore o serate tra banchetti e alcool". La Corte d′appello di Salerno aveva ritenuto integrato il reato di diffamazione contestato alla madre imputata, considerata la portata chiaramente offensiva delle frasi pubblicate sul social, escludendo la particolare tenuità del fatto, eccepita dalla difesa in ragione di quanto scritto nella chat di gruppo. Precisamente, la difesa dell′imputata invocava la causa di esclusione della punibilità di cui all′art. 599 c.p. in quanto "le frasi denigratorie pubblicate su Facebook ed oggetto di contestazione erano state scritte per reazione al fatto che la persona offesa aveva preteso, mediante un messaggio nella chat-gruppo WhatsApp delle mamme, di cui entrambe facevano parte, che l′imputata si affrettasse a riprendere suo figlio alla festa, senza specificarne le ragioni, così generando in lei il panico, mancando risposta alcuna alla sua richiesta di sapere se fosse accaduto qualcosa al proprio figlio; salvo poi venire a sapere () che il bambino doveva essere allontanato dalla festa perché troppo vivace". Detta circostanza aveva determinato nell′imputata uno stato d′ira con l′immediata reazione di pubblicazione su facebook di frasi di mero sfogo per quanto si era verificato. Sul punto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 789/2024 ha precisato che "non vi è dubbio che la causa di non punibilità della provocazione di cui all′art. 599, comma 2, cod. pen. sussiste non solo quando il fatto ingiusto altrui integra gli estremi di un illecito codificato, ma anche quando consiste nella lesione di regole di civile convivenza; tuttavia, tale lesione deve pur sempre essere apprezzabile alla stregua di un giudizio oggettivo, con conseguente esclusione della rilevanza della mera percezione negativa che di detta violazione abbia avuto l′agente", pertanto, nel caso di specie, alla base dell′invettiva a mezzo facebook, posta dall′imputata, non vi era alcuna condotta della persona offesa definibile come "ingiusta" su di un piano di valutazione oggettivo" e, questo, in quanto la richiesta rivolta all′imputata di contenere la condotta vivace del proprio bambino con la richiesta di portarlo via anticipatamente dalla festa, non potevano ritenersi richieste ingiuste, né al contempo era stato provato che la vittima aveva in alcun modo offeso l′agente. Avv. Teresa Parrella